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“Poi un giorno si parte / si lascia la riva / con una barca malmessa / si percorre la vita // Si cerca l’onda serena / il vento con aria gentile / si cerca una costa, un porto / nuovo dove fermarsi // a coltivare la vite”. In questa gentile poesia, di una pacatezza e di una sobrietà cristallina, ci pare riassunto il tema fondamentale di questa seconda raccolta di poesie di Spataro, la ricerca di un nuovo sistema sociale, di una nuova metaforica Città, più ampiamente inteso come il ritorno ad una moralità che sia universale, che accolga tutti nel suo grembo e che possa unire e determinare nuove e più profonde relazioni sociali, un’etica comune ed universale che possa condurre le umane sorti verso un’ampia prosperità che non è fatta di fatui consumi ma di essenza di verità.
Si manifesta tra i versi l’insoddisfazione verso un mondo sociale che non ha saputo essere equo e partecipe delle esigenze delle varie componenti sociali.
Appare una società frammentata in classi e divisa in stanze serrate dalle quali traluce una noia mortale, in cui pare esserci una sola voce che esplora le coscienze e le indirizza, ampiamente amplificata dalla tv, la quale fa da padrona e disperde gli ultimi rimasugli dei pensieri, zittendo tutte le possibili “parole mai parlate”, e annientando quello che è il motore vero di ogni più serena convivenza, l’amore: “Mi sono chiesto se in ogni casa / c’è un amore come si vorrebbe / dolce di giorno, curioso di notte / oppure lentamente passionale / ma sono chiuse le finestre della sera / si intravede l’intermittenza della tv / un silenzio di parole mai parlate / forse è una noia che abita le stanze”. Quello che colpisce in questo testo sono le parole “…un amore come si vorrebbe…”, attraverso le quali Spataro rivela la sua fede nella capacità dell’uomo di sapere quello che gli ci vorrebbe, l’uomo è ancora cosciente, ma allo stesso tempo ne rivela la incapacità operativa di riuscire a conquistare quanto ritiene giusto per se stesso, appare chiara la sua ipnosi davanti a uno strumento mediatico potente quale la tv che riesce ad annullare finanche il dover essere dell’uomo, la sua più profonda armonia, la sua capacità di amare ed essere amato. Chiaramente la tv può essere presa a simbolo di un contesto malmesso più ampio; la società è “Il regno della finzione” come afferma il titolo di una poesia che in cinque versi decisi riesce a tracciare le linee di pensiero del poeta: “O perché brillano negli angoli ori / fasulli, gioielli di fattura oscena /…/ mondo di falsi, furbi e ladri scaltri / voglio andar via, cercare insieme agli altri”. E’ forte, in tutto il libro, l’anelito del poeta a cercare una possibile strada verso un nuovo assetto sociale, la volontà di aggregarsi insieme ad altri per costruire qualcosa di nuovo, egli usa spesso la parola “cercare”, e questo gli fa merito in un mondo in cui (in particolare si veda l’ambito politico) tutti propongono qualcosa di già ben definito da realizzare, infinità di idee di parte da voler propinare. Spataro propone invece una ricerca comune di un più alto bene comune: cercare insieme nuovi possibili assetti sociali per arrivare a una società a misura di tutti gli uomini.
Ma, nonostante lo sprofondare sociale riveli un profondo malumore collettivo, l’autore afferma: “Il fondo del mondo spiega / com’è il mondo, il tetto / del mondo ci mostra perfetta / solo la superficie in tondo”. Volendo così, in qualche modo, rivoltare in speranza l’amarezza di questa caduta verso il basso del mondo contemporaneo, egli propone di guardarsi intorno, perché proprio la caduta verso il basso ci ha dato un punto di vista privilegiato dal quale poter finalmente intuire e capire fino in fondo l’essere, nel senso ontologico, del mondo e proprio da questa comprensione, che alle volte passa dall’assurdo, provare a risalire verso nuove realtà.

Verso la fine della raccolta viene proposta la bellissima poesia “Altra preghiera” che potrebbe essere recitata universalmente da uomini di ogni religione e credo e che, a nostro avviso, è il testo più bello della silloge in quanto a capacità di esprimere i nobili sentimenti che animano il poeta: “Liberaci dal vuoto del potere / … / dall’odio che scava a fondo e lascia / lungo la via un’aspra solitudine / forma essiccata del pensiero / decadenza inarrestabile, inquietudine”. E’ una di quelle poesie che da sola giustifica la necessità di acquistare questo libro. La preghiera di questo testo sembra sfociare, in poche pagine dopo, nell’avvertimento verso coloro che in modi vari compiono azioni che lasciano le mani sporche, la poesia si chiama “Senza volo” e in parte recita così: “Quelli che hanno le mani sporche / non riusciranno mai a volare / … / Resteranno attaccati alla terra perché / li trattiene appesantito / un corpo inarcato, deprivato, ferito”.

Le ultime parole le dedichiamo per complimentarci con l’editore Manni che nell’ambito di una inflazione di scrittura poetica, rimane fedele alla proposta di testi poetici di sempre ottima qualità.

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